Il Giappone, il paese del Sol Levante
Il Giappone, in me riesce sempre a rievocare ricordi
nostalgici della mia gioventù. Ero bambino, Bennato e Nannini cantavano per i
mondiali nostrani, il Muro era da poco caduto e la minaccia gialla prendeva sempre più forza. Nomi nuovi come Sony,
Nissan, Toyota si affiancavano a nomi più noti come Normende, Fiat, Seat.
Era il 1990 e proprio in questi istanti, in quei mesi, l’economia
nipponica aveva toccato il proprio massimo.
Il Nikkei aveva superato quota 40.000, il valore dei
terreni, mai a buon mercato, raggiunse valori fuori da ogni limite razionale.
Benvenuti nell’economia gonfiata, l’equivalente per il Giappone dei ruggenti
anni Venti, un’economia in cui poco o nulla era trasparente. I legami fra
banche ed imprese erano diretti e colleganti le une alle altre tramite il keiretsu, il rapporto fra la
politica e l’imprenditoria era di totale simbiosi. Dominava incontrastato il laissez faire. Le banche erogavano prestiti
e contemporaneamente si facevano pochi scrupoli: erano obbligate a farlo perché
la proprietà, un’industria lo richiedeva. E così si è andato avanti a lungo fino
a quando i problemi vennero al pettine. Infatti prima o poi le bolle scoppiano
e la bolla giapponese scoppiò in seguito a manovre restrittive intraprese nei
primi mesi del 1990. Poco meno di un anno dopo e i prezzi dei terreni e delle
azioni iniziarono a scendere. Dapprima lentamente, in modo impercettibile, poi
la velocità aumentava gradualmente, fin a quando, dopo aver considerato questo
processo salutare ci si rese conto che la situazione stava peggiorando. E
corsero ai riapri. Ma era troppo tardi. Si era inceppato qualcosa che impediva
al motore economico di riprendere a marciare ai tassi consoni. La Banca del
Giappone iniziò a ridurre i tassi in maniera decisa solamente a partire dal
1994, ma era troppo tardi in quanto presso i giapponesi si era instaurata un’aspettativa
deflazionistica. Proprio per questo motivo la FED, la BCE e le altri principali
banche centrali dei paesi industrializzati hanno ridotto velocemente i tassi a
zero dopo lo scoppio della Lehman
Brothers. Pertanto è la caduta del Giappone nella trappola della liquidità,
avvenuta con lentezza solamente a partire dai primi anni del nuovo Millennio, la
causa della deriva dell’economia giapponese: la perdita di fiducia, la paura
sono stati i principali elementi che spiegano questa deriva.
Possiamo portare il cavallo alla fonte, ma non costringerlo
a bere.
Sono stati ridotti i tassi a zero, ma la liquidità è ancora
ferma, parcheggiata in attesa di uno sblocco … ( vi ricorda qualcosa …???????)
ma l’economia non riparte.
Se non è il canale monetario a far ripartire l’economia, e
se il settore privato non spende a sufficienza per mantenere la piena
occupazione, allora sarà il canale
fiscale con il Governo Giapponese pronto ad imbarcarsi in progetti di riduzione
delle tasse e di aumento della spesa pubblica degna del New Deal. Ma neanche questi provvedimenti sono
stati sufficienti a far ripartire l’economia. Se nel 1991 il Giappone aveva un
surplus di bilancio pari al 2,90% del PIL, cinque anni dopo aveva maturato un
deficit pari al 4,3% del PIL.
Nonostante questi sforzi, l’economia viaggiava a ritmi
sempre più blandi ed il benessere diffuso iniziava ad essere affiancato da un’accidia crescente che sfociava sempre in
malessere.
Perché l’economia giapponese non ha risposto alle azioni
monetarie e fiscali espansive? Cosa c’è oltre o meglio sotto alla perdita di
fiducia, alla paura?
La risposta non è semplice ma ampia responsabilità è da attribuire
al sistema bancario nipponico, cotto già pochi anni dopo lo scoppio che però
per ovvi motivi politici si è lasciato in vita … Le zombie banks sono causa di ulteriore malessere economico che può
sfociare in crisi profonde e strutturali. Questo ci insegne l’esperienza
giapponese. Nazioni che sempre in quegli anni erano alle prese con shock
simili, come ad esempio le Nazioni scandinave, hanno invece nazionalizzato il sistema
bancario tramite la creazioni di bad
banks in cui sono stati fatti confluire gli asset tossici i NPL, i titoli spazzatura ed una volta ripulito il
sistema dalle scorie è ripartita l’attività economica. Si è deliberatamente
voluto nascondere la polvere sotto ai tappeti e questo ha fatto sì che il
meccanismo si è bloccato, fino a fermarsi e ad indietreggiare. Se le banche non
fanno bene il loro lavoro, non prestano le risorse le risorse in maniera
efficiente, ma razionalizzano il credito, si innesca una visone sfiduciata verso
il futuro a causa di minori investimenti da parte delle imprese che quindi
licenziano il personale in esubero ed innescando spirali economiche ribassiste.
Ed ora? Ora l’economa nipponica è alle prese con la sfida
finale. Si è incamminata in un sentiero di debito esplosivo e pertanto
insostenibile. Il debito pubblico ha raggiunto quota 230% del PIL, il deficit è
oltre l’8% del PIL, le esportazioni a causa dell’apprezzamento dello yen, della
difficile congiunture che vivono i partner nipponici e soprattutto anche a
causa del boicottaggio cinese derivante dalla crisi politica dell’arcipelago
dello yentsu. Le imprese nipponiche sono in crisi; fino a poco tempo fa,
Panasonic, Toshiba, Sony, Sharp erano protagoniste assolute della scena
mondiale. Ora sono delle comparse e forse qualcuna di esse un ricordo … La
popolazione invecchia velocemente e presto vi saranno forti pressioni sulle
politiche dei fondi pensioni che saranno costretti non più ad acquistare titoli
di stato ma a vendere quote considerevoli e saranno tali da costringere il ministero
delle finanze a finanziarsi sui mercati internazionali: purtroppo, si presenta
con un biglietto da visita non piacevole ed il prezzo da pagare può essere
salato. E sappiamo che quando si entra
in tali circoli viziosi il vortice diventa pericoloso in tempi assai brevi.
Settimane o giorni, se non una manciata di ore.
Come superare questo?
Aumentando le tasse? Consiglio vivamente ai politici
giapponese di imbarcarsi in politiche di austerity.
Europa docet.
Monetizzare il debito, stampando yen a go go ...? Politica già intrapresa. Dovrebbero essere prossimo
al QE10 … Inoltre se dovessero intraprendere misure più incisive vi sarebbe
anche un incremento del rendimento dei titoli di stato aggravando quindi le
finanze pubbliche.
Una soluzione estrema, finora accennata poche volte ma mai
analizzata nel dettagli consisterebbe nel decurtare il debito pubblico che ha la
BoJ: quindi non più Ctrl + P, ossia stampare moneta, ma Reset, azzerare il
debito che ha in mano. Quindi lo Stato dovrebbe sborsare molto meno, perchè
parte del suo debito è stata unilateralmente cancellata e la BoJ imbarca la
maxi perdita, ma tanto non può fallire … too big to fail.
E si riparte con il rischio morale.
A parte quest’ultima soluzione, c’è chi ritiene che a
Giappone mancano pochi mesi al proprio Armageddon, al giudizio finale.
Sapete qual è la differenza fra la Grecia ed il Giappone?
Tre anni.